Sylvia Earle è una brillante biologa marina, esploratrice del National Geographic, ricercatrice affermata ed eccellente divulgatrice. È stata la prima donna a dirigere, dal 1990 al 1992, il National Oceanic and Atmospheric Administration, l’agenzia federale statunitense che si occupa di ricerche sul clima.
Aveva 13 anni quando ha iniziato a immergersi nelle acque del Golfo del Messico. Da allora ha passato più di 7000 ore in immersione, conquistando diversi record tra cui la massima profondità mai raggiunta senza l’ausilio di un sommergibile. Ha partecipato a più di 100 spedizioni sottomarine, tra cui il progetto Tektite II nel 1970, guidando un team, per la prima volta interamente al femminile, di 5 acquanaute che hanno vissuto per 15 giorni in una residenza sottomarina a 15 metri di profondità. Nel 1998 è stata nominata come prima Eroe del Pianeta dalla rivista Time.
All’aprile 2018 risale la sua ultima visita in Italia, come ospite del National Geographic Festival delle Scienze presso l’Auditorium Parco della Musica di Roma. In quella occasione ha raccontato che negli anni ’70 le era capitato di vedere una donna che, da sola, camminava su una spiaggia raccogliendo la plastica che le onde riportavano a riva. Tutti la trovarono alquanto bizzarra, oggi diremmo che quella donna era una pioniera della salvaguardia degli oceani.
Sylvia Earle ha dato vita al progetto Mission Blue, dedicato all’esplorazione e alla salvaguardia degli oceani dall’inquinamento e dallo sovrasfruttamento delle risorse ittiche. Al cuore del progetto vi è la creazione di aree marine protette chiamate Hope Spots; l’intento è quello di raggiungere un numero tale di Hope Spots da riuscire a risanare lo stato di salute dei mari.
Oggi Sylvia Earle ha 85 anni, non ha ancora smesso di esplorare i fondali marini e di battersi per la tutela delle acque: “È un’illusione pensare che chiunque possa vivere senza l’oceano. Anche se non lo vedi o non lo tocchi, all’oceano devi ogni respiro che fai“.

Immagine: TEDx MidAtlantic via Flickr